Gli atenei stanno scommettendo sempre di più sulla possibilità di offrire corsi flessibili. I motivi sono diversi, in parte per impedire il calo delle matricole, ma in primis per adeguarsi al mondo del lavoro che richiede sempre di più capacità trasversali, e anche per andare incontro ai gusti degli studenti. Da un lato ci sono i corsi interclasse che stanno crescendo in maniera costante, dall’altro i corsi flessibili che anch’essi registrano un grande incremento. In questo articolo andremo a capire bene di cosa si tratta, per non perdere queste nuove opportunità formative!
Cos’è una classe di laurea
Innanzitutto è bene chiarire cosa sono le classi di laurea, si tratta di una sigla (ad esempio L-20, o LM-59) che raggruppa tutti i corsi con la stessa offerta formativa e lo stesso valore legale. Avere lo stesso valore legale, significa che tutte le lauree della medesima classe forniscono titoli idonei per l’iscrizione agli albi professionali e per la partecipazione ai concorsi pubblici.
Prima della legge del 1999, le università istituivano tutti corsi di laurea identici: uno studente anche cambiando città e ateneo avrebbe trovato gli stessi piani di studio e le stesse facoltà. Con il decreto fortunatamente non è più così, e infatti nella scelta universitaria lo studente deve occuparsi di leggere bene le differenze che ci sono nei diversi piani di studio, per capire veramente quale fa più al caso suo. Infatti, a differenza del passato, ogni ateneo è tenuto a rispettare una serie di regole, ma poi decide in autonomia il piano ti studi, gli obiettivi e il nome del corso.
Cosa sono i corsi di laurea interclasse e i corsi flessibili
Per corsi interclasse si intendono quelle lauree che soddisfano contemporaneamente i requisiti di due classi diverse. Un esempio, è il corso di laurea in Scienze politiche e relazioni internazionali (classe L-36). In Italia, nell’anno accademico 2019/2020, sono stati attivati 177 corsi interclasse. I corsi flessibili sono invece corsi che fanno riferimento a una sola classe determinata, ma contengono anche dei settori in più non previsti dalla classe e proposti dall’ateneo. Quindi, qual è la differenza tra i due? I corsi interclasse rimangono strettamente all’interno della struttura delle classi dei corsi di studio come le conosciamo. Invece, i corsi flessibili provano ad esplorare delle combinazioni di saperi un po’ diverse da quelle previste dalle classi attuali. Fino al 2019, la flessibilità era stata utilizzata solo per tre corsi: Scienze e tecniche psicologiche cliniche e preventive all’università di Messina; Scienze gastronomiche a Parma e Mathematical modelling a L’Aquila.
Corsi flessibili e interclasse: qualche esempio
Ecco alcuni corsi flessibili triennali:
- Ingegneria fisica (L-8) – Ateneo Ca’ Foscari, Venezia
- Ingegneria elettronica e informatica (L-8) – UniCusano, università telematica di Roma
- Tecnologie odontotecniche (L-9), Pescara
- Diritto e tecnologia (L-14), Padova
- Economia e Management (L-33), Parthenope – Napoli
- Mathematical and computing sciences for artificial intelligence (L-35), Bocconi – Milano
- Scienze e culture gastronomiche per la sostenibilità (L-gastr) – Teramo
Questi invece, sono alcuni dei corsi flessibili magistrali:
- Environmental humanities (LM-1), Ca’ Foscari – Venezia
- Planet life design (LM-12) – Perugia
- Autonomous vehicle engineering (LM-33), Federico II – Napoli
- Tecnologia e produzione della carta e del cartone (LM-33) – Pisa
In che modo sta cambiando l’università
Come abbiamo visto, rispetto al passato le università stanno facendo grandi passi avanti riguardo alla diversificazione dell’offerta formativa. Questa transizione va di pari passo con i cambiamenti sociali. Ciò che serve sempre di più nel campo del lavoro, sono competenze trasversali che vedono incastrarsi gli studi informatici e ingegneristici con quelli umanistici del linguaggio, della logica e della filosofia.
Insomma, questo mondo non fa più per lauree rigide e per percorsi verticali, ma è di vitale importanza dare più spazio a programmi trasversali. Devono essere resi meno stringenti i vincoli sui programmi di studio, consentendo l’inserimento di insegnamenti e attività ulteriori che vertono su settori disciplinari maggiormente diversificati. Tutto questo per consentire la costruzione di ordinamenti didattici che rafforzino le competenze multidisciplinari sulle tecnologie digitali, in campo ambientale e improntate alla costruzione di soft skills.
Università che hanno attivato i corsi flessibili
Parlando di fatti, solo il 6% delle università ha sfruttato queste possibilità per il 2022/2023. La flessibilità dei corsi di studio è attiva solo in 12 dei nuovi corsi sui 186 promossi dal Consiglio universitario nazionale. È stato possibile aggiungere Ssd mancanti in alcuni ambiti disciplinari, rispettando gli obiettivi formativi della classe di appartenenza. Ad esempio, nell’ambito delle discipline economiche è stata inserita la finanza aziendale, e in quello delle discipline linguistiche la letteratura neoirlandese e la slavistica per potenziare conoscenze specifiche. Comunque sia, per il CUN è fondamentale tenere in considerazione tanto le esigenze di flessibilità quanto quelle di coerenza e qualità dell’offerta formativa.
È importante, quindi, evitare di praticare flessibilità anche con scarsa coerenza didattica e permettere, invece, agli interessi di specifiche realtà professionali di imporsi.