Studiare in carcere

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Vi siete mai chiesti se è possibile studiare in carcere? Probabilmente no. Non ci viene molto naturale pensare che una persona che si trova carcere può avere interesse nello studio. Ma al mondo esistono situazioni estremamente diverse l’una dall’altra. Vi invito allora, a rievocare quel senso di unicità che ci appartiene come individui. Siamo tutti diversi, e anche se il carcere rappresenta un luogo al quale è facile ricondurre un certo tipo di persone, bisogna comprendere che in realtà è fondamentale dare fiducia a chi ci si trova.

Andate a leggere l’articolo 34 della Costituzione italiana, e vedrete con i vostri occhi che nel nostro Paese il diritto allo studio è garantito a tutti e a tutte senza alcuna distinzione. Anche in carcere esistono persone che vogliono laurearsi. Ed è per questo che nell’articolo di oggi vi parleremo di alcune università che permettono di farlo e di come funzionano questi percorsi!

Come funzionano questi percorsi

Ogni Università che fa parte del progetto della CNUPP (Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari), ha la possibilità di intraprendere un percorso di studi universitario. I detenuti possono accedere ai corsi universitari con delle agevolazioni economiche e possono essere assistiti dagli studenti stessi dell’università che frequentano.

L’attività di tutoraggio è fondamentale per chi studia in carcere. I tutor sono studenti che si occupano di incentivare e agevolare l’avvio e il percorso universitario delle persone che si trovano nelle strutture penitenziarie cittadine. L’Università degli Studi di Milano ad esempio, garantisce ad ogni nuovo immatricolato che si trova a Bollate, Opera e San Vittore l’affiancamento di un tutor, che incontra circa due volte al mese. Il tutor fornisce assistenza per la stesura del piano di studi, per il recupero del materiale didattico. Ma anche per la richiesta e la consegna dei libri in prestito e per contattare i docenti in vista degli appelli.

Negli istituti penitenziari sopra citati, vengono proposti anche laboratori e moduli didattici in cui studenti detenuti e studenti esterni possono frequentare in modo congiunto. Vengono organizzati anche laboratori teatrali, in cui viene utilizzato il lavoro delle opere di grandi autori teatrali per riflettere su tensioni e desideri della contemporaneità.

In quali Atenei è possibile studiare per chi è in carcere

Andiamo a vedere insieme ALCUNE delle Università che permettono ai detenuti di studiare in carcere:

  • L’Università degli Studi di Milano garantisce alle persone in stato di detenzione il diritto allo studio universitario. In generale questo Ateneo si occupa di migliorare le loro condizioni di vita attraverso iniziative culturali e attività di promozione scientifica. Questo avviene dal 2015, grazie alla Convenzione con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria.
  • Anche l’Università degli Studi di Napoli Federico II offre percorsi di studio universitario per i detenuti. Questo progetto è stato istituito dal 2018 dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane). Il primo consiglio nazionale si è concluso nel 2021 ed è stato presieduto dal professore Franco Prina, delegato per il Polo Universitario Penitenziario (PUP).
  • L’Università di Padova ha avviato a partire dal 2003 un processo di collaborazione con gli istituti penitenziari. L’obiettivo è portare la formazione universitaria in ambito carcerario.
  • L’Università degli Studi di Ferrara ha avviato una collaborazione con la Casa Circondariale di Ferrara per consentire alle persone private di libertà personali di accedere ai corsi di laurea dell’ateneo e di conseguire titoli di studio di alto livello.

In che modo studiare in carcere è utile per i detenuti

La presenza delle Università nei luoghi di detenzione ha una profonda valenza culturale per il Paese e sulla più ampia discussione sul significato delle pene stesse. Questi percorsi possono trasformare la detenzione da un tempo sospeso ad un periodo produttivo. Il cittadino condannato può intraprendere percorsi formativi di alto livello che gli consentono di investire su se stesso. Lo studio si presenta come uno strumento indispensabile per ridurre i rischi di recidiva, con benefici sia per il singolo che per l’intera società.

Ci sono numerose testimonianze di persone che hanno scelto di affrontare un percorso di studi universitario in carcere. Ognuna di esse rivela che è stata proprio questa possibilità a permettere loro di andare avanti e di essere più felici. In contesti come quelli di un carcere, l’istruzione rappresenta un modo per evadere. Permette, infatti, di entrare in contatto con un altro tipo di realtà e di sentirsi più utili e più forti.

Studiare in Carcere: alcuni dati

La realtà dei PUP italiani inizia più di 20 anni fa a Torino e coinvolge attualmente quasi 40 atenei che operano in oltre 80 istituti penitenziari. Gli istituti penitenziari in cui operano i PUP sono cresciuti da 70 a 82. Il numero degli studenti iscritti è aumentato del 30%. Tra questi dati spicca l’incremento delle donne che è ben del 128%. Sono impegnati 196 dipartimenti universitari, che corrispondono al 37% dei dipartimenti presenti nei 32 atenei coinvolti.

Le aree disciplinari più frequentate dagli studenti sono quella politico-sociale (25%), seguita dall’area artistico-letteraria (18%), area giuridica (15%), area ambientale (13%). Ma anche: area psico-pedagogica (7%), area storico-filosofica (7%) e area economica (6%).

I Poli Universitari Penitenziari sono stati realizzati grazie a protocolli d’intesa tra il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria. Questi poli sono presenti nelle seguenti regioni italiane: Lazio, Sardegna, Abruzzo, Triveneto, Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Calabria, Marche, Emilia Romagna, Puglia e Lombardia.

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